Ginnastica funzionale – Topallenatori https://topallenatori.com Schemi e risorse utili per allenatori di calcio. Fri, 13 Dec 2024 09:56:22 +0000 it-IT hourly 1 https://wordpress.org/?v=4.9.26 OCCHIO CALMO o QUIET EYE CAPACITA’ COGNITIVO NELLO SPORT https://topallenatori.com/occhio-calmo-o-quiet-eye-capacita-cognitivo-nello-sport/ https://topallenatori.com/occhio-calmo-o-quiet-eye-capacita-cognitivo-nello-sport/#respond Sun, 23 May 2021 18:22:13 +0000 https://topallenatori.com/?p=5050 OCCHIO CALMO o QUIET EYE

CAPACITA’ COGNITIVO NELLO SPORT

È una caratteristica degli atleti d’élite. È riconducibile ad una sorta di percezione visiva migliorata che libera l’atleta da distrazioni mentre è intento a visualizzare l’obiettivo da raggiungere. Interessa anche altre categorie (come i medici impegnati in un intervento chirurgico). Per uno sportivo (o frequentatore #Fitness) può permettere il raggiungimento di movimenti più precisi e accurati. Per fare un esempio. I giocatori di Golf professionisti mantengono lo sguardo e l’attenzione sulla pallina appena prima e durante lo swing. I dilettanti, il contatto visivo, lo mantengono per meno tempo. Questa capacità cognitivo-comportamentale, nello specifico, si caratterizza per periodi lunghi di fissazione oculare (rispetto ai non esperti). Il comportamento dello sguardo prima dell’inizio del gesto (occhio calmo) è un fattore essenziale per il successo o l’insuccesso di un gesto. Anche nel basket, gli atleti esperti, focalizzano il bersaglio (canestro) per più tempo prima del tiro. Appena lanciata la palla la visione viene soppressa per permettere il coinvolgimento di 3 reti neurali di ottimizzazione del vista che sono: orientativa, esecutiva e di vigilanza-coordinativa. In tutto questo la posizione dello sguardo è la chiave del successo. Tornado al #basket lo sguardo deve concentrarsi sulla parte anteriore del cerchio o per un giocatore di #hockey sul disco appena prima che avversario lo rilasci. L’occhio calmo è una percezione migliorata che permette di calarsi completamente nel singolo compito (qualsiasi esso sia). Come allenarlo?
– fissa un punto davanti a te per un tempo crescente (allena la concentrazione interna);
– controlla gli occhi e il focus gestendoli in dinamica (tipo osserva una pallina in movimento);
– con lo sguardo fisso, in un contesto nuovo (o abituale), usa la “visione periferica” per raccogliere tutte le informazioni che puoi in 30 sec.;
– decidi come dovrai realizzare un compito e fissa lo sguardo nel punto che vuoi raggiungere/colpire. Nel #calcio decidi un angolo verso cui vuoi indirizzare la palla e fallo.
Ovvio l’aiuto di un Chinesiologo esperto potrà facilitare risultati veloci e duraturi.
Christian De Martino
Chinesiologo
Massofisioterapista
fonte: www.topallenatori.it

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SHORT FOOT UN LAVORO DIMENTICATO https://topallenatori.com/short-foot-un-lavoro-dimenticato/ https://topallenatori.com/short-foot-un-lavoro-dimenticato/#respond Tue, 24 Nov 2020 10:27:22 +0000 https://topallenatori.com/?p=4834 LO SHORT FOOT COS’È?

Tra i tanti lavori che possono essere svolti con i piedi uno, meno conosciuto, è quello del “piede corto” o short foot. In una condizione statica il piede possiede 3 archi che definiscono l’assetto di questa struttura a terra. Attraverso questo approccio si realizza un’azione (come si vede nelle foto) in cui gli archi longitudinale e mediale del piede vengono sollevati determinando così una migliore posizione biomeccanica del piede. Questa iniziativa motoria accorcia, relativamente, la posizione del piede. L’obiettivo di questo esercizio è quella di attivare la muscolatura intrinseca del piede in maniera tonica e quindi, anche, di aumentare la sensibilità afferente (ossia la percezione dell’ambiente circostante). Questo tipo di esercizio occorre iniziare a farlo da seduto con ginocchio flesso a 80°. Ovviamente l’aiuto di un operatore che faciliti l’acquisizione di questo gesto sarebbe sicuramente molto utile. Difatti in questo approccio si passa da una fase passiva (ad opera del solo operatore), una fase passiva-attiva (in cui la persona partecipa attivamente) e una fase attiva (il cui la persona è indipendente).
Specie nella 3^ fase la la naturale progressione prevede la ripetizione di questo esercizio in posizione differenti (da posizione eretta, da posizione in appoggio  di singolo, ecc). L’obiettivo è quello di stimolare una maggiore consapevolezza del piede nonché del suo ruolo nella stabilità. Ovvio quanto fatto va ad integrare il lavoro posturale in essere o che si farà (presso un preparato professionista).

Autore  De Martino Christian

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Il ritorno allo sport dopo un infortunio muscolare del “Bicipite femorale”. https://topallenatori.com/il-ritorno-allo-sport-dopo-un-infortunio-muscolare-del-bicipite-femorale/ https://topallenatori.com/il-ritorno-allo-sport-dopo-un-infortunio-muscolare-del-bicipite-femorale/#respond Sat, 11 May 2019 16:25:59 +0000 http://www.topallenatori.it/?p=3776 The return to sport after muscular injury of the “Hamstring”.  A Systemic Review.

Il ritorno allo sport dopo un infortunio muscolare del “Bicipite femorale”. Una revisione sistematica qualitativa.

Rosario D’Onofrio1, Mehul Padasala2, Nikos Apostolopoulos3, Jaymin Bhatt4, Luigi Febbrari5,  Bojan Bjelica6, Antonio Sicignano7, and Vincenzo Manzi8 .

A causa della complessità e della differenza delle lesioni muscolari negli atleti, il sistema di classificazione è ancora insufficientemente condiviso tra i medici. L’implementazione e la convalida prospettica di una classificazione delle lesioni muscolari e la valutazione del suo valore predittivo, per un ritorno ottimale allo sport , rimane l’obiettivo principale per i ricercatori. Diventa quindi essenziale analizzare e sintetizzare le attuali evidenze, presenti in letteratura, relative alla terminologia e al processo decisionale (Decision Making), e alla strutturazione del conseguente ritorno allo sport,  dopo un infortunio muscolare al bicipite femorale.

Dobbiamo evidenziare, come le lesioni muscolari sono riconosciute, come eventi dannosi, che si verificano frequentemente, nell’intera popolazione sportiva. La loro alta prevalenza è ben documentata nella letteratura internazionale. Costituiscono il 31% di tutti gli infortuni nel calcio d’élite. Purtroppo, dobbiamo anche evidenziare, come queste lesioni presentino un alto livello di recidiva. Questo dato, suggerisce che gli atleti tornino, probabilmente, alla piena attività competitiva, dopo un processo inadeguato di ritorno allo sport.

Possiamo affermare, quindi,  come le prove attuali, riguardo al Tempo necessario per tornare alla piena attività competitiva, è principalmente legata, alla mancanza di omogeneità strutturale, basata sull’evidenza delle terminologie, delle classificazioni dei programmi di riabilitazione.

Un consenso è stato raggiunto, per includere “l’atteggiamento positivo, psicologico di un giocatore (prontezza dell’atleta)” nella definizione di ritorno allo sport, poiché la prontezza mentale era considerata importante, per eliminare l’ansia e perché era percepito un atteggiamento mentale positivo, per ridurre il rischio di re-infortunio e per migliorare le prestazioni.

Resta corretto sottolineare come l’ansia sia, di fatto, uno stato affettivo, così generale e radicale, nell’uomo, che può essere considerato, non tanto un sintomo o una sindrome delimitata, ma, piuttosto, un modo di esistenza, i cui estremi entrano nel dominio della psicopatologia, a partire da sentimenti di aggressività, ansia, paura.

Il dizionario di psichiatria, pubblicato dalla American Psychiatric Association,  definisce l’ansia come uno stato di apprensione, tensione, disagio, che scaturisce dall’anticipazione di un pericolo, la cui origine è in gran parte sconosciuta o non riconosciuta. Originariamente intrapsichico, l’ansia si distingue dalla paura, che è la risposta emotiva a una minaccia o a un pericolo, coscientemente riconosciuto e solitamente esterno. È accompagnato da cambiamenti fisiologici simili a quelli della paura. Può essere considerato patologico quando è presente a un grado tale da interagire con l’efficienza della vita, il raggiungimento degli obiettivi, la soddisfazione desiderata e un ragionevole benessere emotivo. Le risposte di attivazione fisiologica che nello sportivo sono:  un aumento dello stato di tensione e rigidità muscolare, che influenzano negativamente l’attuazione del gesto, non più fluido e preciso, con, di conseguenza, un notevole aumento della possibilità di lesioni muscolari. L’importanza di avere strumenti, di investigazione e misurazione dell’ansia, sia per scopi psico-diagnostici, sia per verificare l’efficacia e i benefici della psicoterapia, è evidente. Per questo motivo, riteniamo sia utile proporre uno strumento psicometrico affidabile e valido, non eccessivamente complicato, facile da applicare e facilmente interpretabile. Il dispositivo in questione è lo “STAI (Stato – Trait Anxiety Inventory-Form Y)” (Allegato A in appendice).

Un atleta può essere fisicamente condizionato e pronto a tornare allo sport, ma se ha paura o è ansioso, per il suo infortunio, allora, forse, il processo dovrebbe essere prolungato.

Questa è una breve sintesi, in Italiano,  della pubblicazione, che puoi visionare, integralmente, al seguente link:

 http://oaji.net/articles/2019/1587-1556111791.pdf

 

Dott. Sicignano Antonio

Medico Psicoterapeuta

Specialista in Ipnosi e Psicoterapia Ericksoniana

Esperto in Psicologia dello Sport

Presidente comitato Campania SPOPSAM

credit immagine: running.gazzetta.it

 

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LO STRETCHING PREVIENE GLI INFORTUNI? https://topallenatori.com/lo-stretching-previene-gli-infortuni/ https://topallenatori.com/lo-stretching-previene-gli-infortuni/#respond Tue, 24 Jan 2017 17:01:59 +0000 http://www.topallenatori.it/?p=366

LO STRETCHING PREVIENE GLI INFORTUNI?

Nell’ambito della preparazione atletica e del fitness lo stretching rappresenta, di solito, una parte immancabile. Questo perché, tra le altre cose, si è sempre avuta la convinzione che lo stretching prevenga gli infortuni. Ma è proprio così? Vediamo la ricerca scientifica cosa ci dice tenendo in adeguata considerazione gli studi “a favore e non” rispetto ad un eventuale effetto preventivo. Hartig e Henderson nel ’99 hanno pubblicato uno studio in cui hanno fatto eseguire dello stretching per 13 settimane ad un gruppo di militari. Risultato? Si è ottenuto un effetto preventivo da infortuni. Cross e Worrel in uno studio, anche questo, pubblicato nel ’99 hanno fatto eseguire dello stretching a 195 calciatori ai muscoli ischio-crurali registrando anche in questo caso una diminuzione degli infortuni. Stessa conclusione dello studio di Cross e Worrel quello di Ekstrand e coll. del 2000. Quest’ultimo dopo aver seguito 12 squadre di calcio con dello stretching combinato con uno specifico riscaldamento ha ottenuto una diminuzione degli infortuni. Amako, Oda, e coll. in uno studio pubblicato nel ’03 hanno fatto eseguire 18 esercizi di stretching pre e post allenamento a circa 900 militari giapponesi ottenendo un effetto preventivo sia da infortuni che dal dolore in zona lombare. Questi sono una parte degli studi a favore che hanno dimostrato un effetto preventivo, ora analizziamone alcuni che non hanno dato gli stessi risultati. Lally in uno studio pubblicato nel ’94 esaminò circa 600 soggetti (maratoneti) riscontrando un numero di traumi inferiore rispetto al gruppo che praticava lo stretching (circa il 35% di infortuni in più). Pope e Herbert in uno studio del ’98 hanno testato una mole di 1000 soldati con stretching statico (4 esercizi per 20”) non riuscendo a dimostrare nessun effetto preventivo da infortuni. Sempre la stessa equipe di studiosi nel 2000 valutò con 12 settimane di stretching (6 esercizi per 20” di sessione) delle reclute dell’esercito, anche qui nessun risultato significativamente preventivo. Altro studio svolto da VanMechelen (e altri suoi colleghi) nel ’93 su dei podisti per 16 settimane (3 esercizi per 10”) non ha dimostrato nessun effetto preventivo. Shrier nel ’99 effettuò una rassegna ben documentata (oltre 10 articoli) sulla questione prevenzione da infortuni, constatò in ultima analisi che lo stretching pre-esercizio non riduceva il rischio di traumi. Ovviamente quanto esposto è solo una parte degli studi in merito che fra l’altro presentano dei limiti oggettivi che potrebbero aver inficiato i risultati. Ad esempio lo studio proposto da Ekstrand non isola gli effetti dello stretching in quanto lo combina con un riscaldamento specifico. Stesso discorso per lo studio di VanMechelen in cui i podisti oltre allo stretching venivano indottrinati ad uno riscaldamento specifico. Ai fini dell’obiettivo del singolo studio queste combinazioni possono portare a dei risultati poco attendibili. Quanto detto ci mette di fronte all’evidenza che, ad oggi, rispondere alla “domanda-titolo” di questo articolo non è poi così facile. E’ molto più corretto sottolineare che solo ulteriori approfondimenti scientifici potranno dare (speriamo…) una definitiva risposta. Nell’attesa è possibile trarre, da quanto scritto, alcune indicazioni. A questo scopo ci vengono in aiuto gli studi di Magnusson e coll. del ’96, di Witvrouw e coll. del ’01 e del ’07, di Kubo e coll. del ’02 in cui è stato messo in evidenza come l’aumento del rischio di infortuni non sia in relazione all’aver effettuato dello stretching pre-gara bensì al grado di flessibilità di alcuni distretti muscolari. Personalmente ritengo che sia opportuno, dove possibile, effettuare delle sedute mirate di “solo stretching”. Ma per motivi di tempo e praticità, sommando le precedenti osservazioni con il risultato degli studi appena esposti la soluzione migliore sembra quella di far eseguire dello stretching alla fine della seduta di allenamento in modo da ottenere, nel lungo termine, un miglioramento stabile della flessibilità di ogni atleta.

©copyright

 Autore
Dott.  C. De  Martino
Fonte: www.topallenatori.it

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ESERCIZI PER LA DECOMPRESSIONE VERTEBRALE https://topallenatori.com/esercizi-per-la-decompressione-vertebrale/ https://topallenatori.com/esercizi-per-la-decompressione-vertebrale/#respond Thu, 07 Apr 2016 20:05:37 +0000 http://www.topallenatori.it/?p=353 ESERCIZI PER LA DECOMPRESSIONE VERTEBRALE

Alcuni esercizi di scarico a fine allenamento da far  eseguire dai calciatori

Le statistiche parlano chiaro il “mal di schiena” colpisce circa l’80% degli adulti !!! Ma fortunatamente solo il 20% dei casi deriva da vere e proprie patologie vertebrali di cui il 4% effettivamente gravi.

Iniziamo con elencare le principali cause del dolore lombare (detto anche low back pain) :

1) atteggiamenti posturali scorretti tenuti per lungo tempo;

2) esercizi ginnici o movimenti del corpo eseguiti in maniera non corretta;

3) eccesso di tensione muscolare derivante da stress psico-fisico;

4) deficit del tono muscolare di alcune regioni corporee molto importanti per il benessere della schiena (addominale, lombare e dorsale definito, nel complesso, anche “core”);

5) sovrappeso e obesità;

Queste appena elencate rappresentano le cause più comuni di lombalgia per il sedentario ma anche per lo sportivo. Capita spesso che soggetti che praticano sport, anche amatoriale, in periodi di allenamento particolarmente intensi inizino a lamentare “dolore” localizzato nel tratto lombo-sacrale (bassa schiena).

In questo caso ovviamente le cause vanno ricercate anche tra le abitudini esclusivamente sportive. Senza considerare casi particolari è comune che il dolore possa derivare da:

– Insufficiente riscaldamento : un riscaldamento effettuato correttamente porta ad un innalzamento della temperatura corporea, del metabolismo e dell’ elasticità mio-fasciale. Questo porta oltre che ad un miglior rendimento anche ad una valida prevenzione di stiramenti e strappi muscolari. Si hanno anche effetti su tessuti privi di vasi sanguigni (cartilagini articolari e dischi intervertebrali) per cui avviene un’efficiente diffusione di liquidi e substrati nutritivi. Diminuisce anche la viscosità del liquido sinoviale delle articolazioni e, di conseguenza, migliora la libertà di movimento.

– Eccesso del residuo di tossine e congestione muscolare : la brutta abitudine di non effettuare degli adeguati esercizi di “defaticamento” o il non concedersi un giusto recupero tra un allenamento e l’altro determinano nell’apparato muscolare un sovraccarico funzionale che, col passare del tempo, potrebbe portare a overtraining (sindrome da sovrallenamento) o all’insorgenza di infortuni da overuse.

– Squilibrio di forza e di elasticità della muscolatura deputata al corretto allineamento tra colonna vertebrale, bacino e arti inferiori: questi muscoli vanno ugualmente rinforzati ed elasticizzati, con un adeguata programmazione ginnica con esercizi di potenziamento e allungamento muscolare.

– Insufficiente utilizzo di esercizi di stretching muscolare e mobilità articolare dopo ogni allenamento: spesso lo stretching e gli esercizi di mobilità articolare vengono sottovalutati quasi ritenuti esercizi di second’ordine. La realtà pratica mostra come queste pratiche, se fatte abitualmente, permettono di mantenere i muscoli elastici e le articolazioni libere di lavorare utilizzando tutto il R.O.M. “naturalmente” messo a disposizione

– Compressione continua delle colonna vertebrale durante e dopo l’allenamento : L’attività fisica intensa e l’assunzione di posture fisse (studiare, vedere la televisione, andare in macchina, ecc.) sovraccaricano i dischi intervertebrali determinandone un assottigliamento per deidratazione compromettendone così il ricambio nutrizionale. Infatti la nutrizione dei dischi non avviene attraverso i capillari sanguigni ma con una azione di “pompa” (perfusione) che permette l’entrata e l’uscita di liquido. Gli esercizi di scarico se eseguiti a fine allenamento (o dopo la tenuta di posizioni posturalmente scomode) permettono una veloce reidratazione dei dischi e un afflusso di sostanze nutritive.

Soprattutto per gli sportivi, al termine dell’allenamento vanno evitati quegli esercizi di “defaticamento” che, anche se eseguiti blandamente, “imitano” quelli che hanno portato al sovraccarico articolare.

Dopo quanto detto si riportano di seguito alcuni esercizi che possano permettere un reale scarico vertebrale esponendone anche la metodologia operativa.

esercizi di decomressione

Autore: Dott. C. De Martino
Fonte: www.topallenatori.it
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COME FAR “NASCERE” UNO SPORTIVO https://topallenatori.com/come-far-nascere-uno-sportivo/ https://topallenatori.com/come-far-nascere-uno-sportivo/#respond Wed, 16 Mar 2016 09:30:04 +0000 http://www.topallenatori.it/?p=1266 L’attuale società impone “una prestazione sportiva ottimale” come prima obiettivo di una vita vissuta da atleta e scandita da privazioni e sacrifici nei campi che nelle palestre. Quanti genitori rinuncerebbero al “potenziale” aumento dei propri bambini? Scelta che sicuramente incentivata dalla speranza che possa diventare il futuro ” Cristiano Ronaldo”, ” Usain Bolt”, o ” Valentino Rossi”.

Eppure facilitare questi genesi in termini di competenze motorie è possibile sin dalla gestazione.

Per capire di più clicca sul file sotto

COME NASCERE SPORTIVO

 

 

Fonte: www.topallenatori.it

Autore: Dott. De Martino Christian

Sito web: saluteattiva.com

Foto: http://www.cellulestaminalicordoneombelicale.it/

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Dolori post-esercizio: i D. O . M. S. https://topallenatori.com/dolori-post-esercizio-i-d-o-m-s/ https://topallenatori.com/dolori-post-esercizio-i-d-o-m-s/#respond Mon, 14 Sep 2015 21:49:28 +0000 http://www.topallenatori.it/?p=587

I  D.O.M.S. (Delayed  Onset Muscle Soreness) sono comunemente definiti come “la sensazione dolorosa d’iperestesia, di dolore profondo e rigidità muscolare” che si manifesta alcune ore dopo l’esercizio fisico.

Questo dolore è fondamentalmente espressione di microlesioni muscolari soprattutto a livello delle fibre di tipo 2 che può variare da un  leggero disagio muscolare ad un indolenzimento tale da limitare l’attività muscolare e articolare.

All’origine di tutto questo c’è il ripetersi, a intensità medio/alte di contrazioni muscolari a carattere eccentrico (Es: 15 minuti di corsa in discesa sono sufficienti a provocare un D.O.M.S.) che concentrano i loro effetti microlesivi soprattutto nella giunzione muscolo-tendinea (punto più debole dell’apparato muscolare probabilmente dovuto all’obliquità delle fibre che risultano particolarmente più sollecitate).

Considerato che quelli appena descritti possono essere anche considerati dei sintomi clinico/funzionali è giusto sottolinearne i tempi, perché particolarmente lunghi, del processo di riparazione/remissione del danno:

 

–          Insorgenza: 8 – 24 ore post-esercizio;

–          Picco massimo: 48 – 96 ore post-esercizio;

–          Normalizzazione: 7 – 10 giorni post-esercizio.

 

Ovviamente le esercitazioni eccentriche oltre a dar luogo al dolore determinano anche degli “effetti collaterali” nel sistema muscolare. Volendoli elencare abbiamo:

–          Gonfiore muscolare;

–          Riduzione della forza massimale di circa il 30%;

–          Riduzione della flessibilità (definita anche R.O.M.).

 

E’ anche giusto rendere noto che training concentrici prima di un lavoro eccentrico incrementano la gravità degli effetti indotti dall’esercizio eccentrico.

Fatta questa breve descrizione veniamo alla parte più pratica di questo lavoro: il trattamento del D.O.M.S. ( o dolore muscolare tardivo).

Attualmente si propongono i trattamenti più svariati. Si passa dalla terapia farmacologia, all’erboristeria, per terminare con massaggi, stretching e integrazione alimentare. Rispetto a questi tentativi empirici la letteratura scientifica porta molteplici contributi che però non danno una risposta univoca al problema. Infatti sono molti gli studiosi (Cometti, Evans, Soyers, Francio, Herbert, Saxton, ecc) che presi singolarmente elevano o dominizzano l’uno o l’altro metodo nell’affrontare la questione D.O.M.S.

Da tutto ciò si evidenziano le seguenti indicazioni di trattamento:

 

–          Riposo agonistico dai 5 ai 7 giorni;

–          Usare il protocollo R.I.C.E. (Rest, Ice, Compression, Elevation) nel piano di trattamento;

–          Evitare attività fisica vigorosa che incrementi il dolore;

–          Effettuare lavori aerobici a bassa intensità;

–          Effettuare lunghe sedute di massoterapia;

–          Utilizzare (sotto stretto controllo medico) farmaci antinfiammatori non steroidei per ridurre l’indolenzimento muscolare;

–          Somministrare Vitamina C e E;

–          Ritornare all’attività fisica vigorosa solo dopo che l’indolenzimento risulta scomparso;

–          Praticare stretching come un attento worm-up (riscaldamento);

–          Se il dolore persiste o aumenta oltre i 7 giorni consultare il medico; 

Su quanto scritto e ad onor del vero si riportano le conclusioni di una importante rewiev (valutazione di una serie di studi) retrospettiva del Dott. Hume (pubblicata su Int. Sport Med. Journal del 2004) in cui, sinteticamente, si evidenzia: 

–          L’esercizio post-D.O.M.S. sembra essere efficace per alleviare, anche se solo temporaneamente, il dolore muscolare tardivo;

–          I farmaci antinfiammatori non steroidei hanno dimostrato risultati ma risultano essere dosaggio-dipendenti quindi legati alla somministrazione;

–          Il massaggio ha dato risultati mediocri sui D.O.M.S.;

–          Ultrasuoni, laser, tens, crioterapia, ozonoterapia, stretching, agopuntura, omeopatia, hanno dimostrato pochi o nessun effetto sui sintomi ricollegabili ai D.O.M.S.; 

Tutto ciò ha portato il Dott. Hume a un’unica conclusione: LA PREVENZIONE RIMANE ANCORA  LA MIGLIORE CURA, ma fatta seguendo criteri ben precisi.

A questo punto per definitiva completezza vengono riportate le indicazioni per mettere in atto una reale opera preventiva dai D.O.M.S. 

–          Warm-up (riscaldamento) completo prima di ogni attività;

–          Cool down (defaticamento) dopo ogni allenamento;

–          Prima della performance effettuare “allungamenti dolci”;

–          Cominciare con una attività moderata e costruire/incrementare col tempo l’intensità;

–          Evitare cambi notevoli ed improvvisi nella tipologia di esercizio;

–          Evitare cambi notevoli ed improvvisi nella durata e nell’intensità degli esercizi; 

Nella speranza di essere stato esaustivo vi auguro buon allenamento!

Autore

Dott. De Martino  C.

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La massofisioterapia https://topallenatori.com/la-massofisioterapia/ https://topallenatori.com/la-massofisioterapia/#respond Mon, 07 Sep 2015 21:16:43 +0000 http://www.topallenatori.it/?p=374

Dal lontano 1971 esiste una professione sanitaria che in tanti modi e per tanti motivi è stata “oscurata” e considerata erroneamente abusiva. Il nostro articolo parlerà delle leggi che regolamentano questa professione cercando di fare chiarezza.

07/09/1976: questa potrebbe essere una data qualunque ma per tanti massofisioterapisti rappresenta la data in cui un decreto ministeriale ha stabilito il loro mansionario che recita quanto segue “il massofisioterapista è in grado di svolgere tutte le terapie di massaggio e fisioterapia in ausilio all’opera dei medici sia nel libero esercizio della professione sia nell’impiego in enti pubblici e privati, nell’ambito delle disposizioni di legge. Pertanto esegue ed applica tutte le tecniche del massaggio e della fisioterapia sull’ammalato secondo le istruzioni del sanitario, a livello di personale ausiliario e di terapista della riabilitazione”.

Nota oramai da tempo la diatriba che sussiste tra fisioterapisti e massofisioterapisti, abbiamo contattato il presidente del Cda della scuola di massofisioterapia di Perugia “Enrico Fermi” Fabrizio Fornari per fare chiarezza su questo tema.

 

D – Buongiorno Prof. Fornari, esiste da anni un contenzioso tra i fisioterapisti e i massofisioterapisti. Ci spiega brevemente la differenza tra le due professioni sanitarie e il motivo per cui sembra che ci siano problemi per i massofisioterapisti nell’esercizio delle proprie funzioni? 

R – In Italia in effetti, già dagli anni Settanta sono da sempre esistite due figure sanitarie nel settore della riabilitazione, quella del terapista della riabilitazione e questa del massofisioterapista. Con l’evolversi della normativa e la nascita dei Diplomi Universitari fu originariamente istituito il profilo di laurea per terapisti della riabilitazione, poi trasformato nella figura del fisioterapista. Invece il profilo del massofisioterapista non fu riordinato a livello universitario, né soppresso. L’interpretazione restrittiva degli ex terapisti della riabilitazione fu che il profilo universitario doveva necessariamente inglobare anche la figura e le mansioni del massofisioterapista, mentre molte regioni e l’allora Ministro della Pubblica Istruzione rimasero dell’idea che la formazione professionale per massofisioterapista dovesse ancora avvenire secondo profili professionali non già universitari. È questa la genesi che ancora oggi oppone fisioterapisti e massofisioterapisti.

 

D – Come mai il massofisioterapista non è stato inserito dal Ministero della Salute come figura riabilitativa?

R – Ciò dipende dal fatto che il Ministero, assumendo, legittimamente, che il massofisioterapista sia una professione non riordinata ha ritenuto, e qui meno legittimamente che tale figura non possieda un quadro normativo strutturato ed articolato, impedendo al detto professionista percorsi di aggiornamento continuo. A mio avviso, si tratta di un assunto meramente interpretativo che non trova riscontro nella ratio che ha ispirato i percorsi ECM. Peraltro, ammesso che la posizione del Ministero risulti in qualche modo fondata, non si comprende perché il massofisioterapista non risulti nell’elenco delle attività riconosciute dal Ministero. Va in ogni caso detto come la declaratoria ministeriali non veicoli un vincolo normativo, ma indichi piuttosto solo una scelta di politica sanitaria.

D – Con sentenza 5225 del 2007 il Consiglio di Stato si è espresso a favore dei massofisioterapisti stabilendo che la professione è ancora valida e resta configurata nei termini del vecchio ordinamento e con essa i relativi corsi di formazione. Sembra che sussistano dei dubbi da parte di alcune Asl italiane sulla legittimità del titolo in quanto le stesse impediscono i trattamenti su pazienti convenzionati. Cosa ne pensa?

R – Queste perplessità nascono dall’esistenza di una circolare a firma del Ministro, alla quale molti hanno attribuito significati non esplicitati nel testo. In quella circolare infatti si dice a chiare lettere che il massofisioterapista è professione, è figura sanitaria, è figura legittimamente abilitata ad operare. Da ciò certo non discende che il massofisioterapista e l’ex terapista della riabilitazione (fisioterapista) siano un’unica figura. E tuttavia ciò non deve portare a considerare il massofisioterapista come figura dequalificata e priva di mansionario. Quando la si ritenga tale, si incappa nelle difficoltà sollevate dalle ASL alle quali lei si riferisce.

D – La sentenza del Consiglio di Stato non è stata l’unica che si è espressa favorevolmente, anche il Tar e l’Antitrust hanno sottolineato alcuni punti a favore del massofisioterapista. Alla luce di ciò, perché i fisioterapisti continuano ad “ostacolare” questa professione?

R – Spesso in Italia figure professionali che coprono, in parte, aree simili si sono scontrate e si sono contrapposte. È un vecchio problema che affonda le radici in ragioni culturali che si sono storicamente sedimentate. Io ritengo che le particolari esigenze assistenziali del territorio italiano, nonché lo stesso patrimonio scientifico che opera nei profili professionali di queste due figure aprano importanti spazi di interazione soprattutto all’interno di quella complessità della conoscenza senza la quale ogni sapere resterebbe chiuso in se stesso e privo di relazioni effettive con la vita concreta degli uomini e con i loro bisogni.

D – In conclusione e allo stato attuale delle cose, cosa consiglia ad un ragazzo che ha intenzione di iscriversi presso una scuola di formazione per massofisioterapisti? Che garanzie avrà di conseguire un titolo giuridicamente valido alla fine del triennio formativo? 

R – Secondo i pronunciamenti giurisdizionali esistenti e sulla base di quanto affermato da varie autorità statali il profilo ha oggi uno status ben definito. Per questa ragione gli consiglierei di seguire la propria passione e quelli che sono i progressi della scienza e della conoscenza, nella convinzione che saranno le leggi future a doversi adeguare ad esse e non esse a doversi adeguare a un sistema normativo astratto e miope.

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Le Abilità Motorie Nel Calcio https://topallenatori.com/le-abilita-motorie-nel-calcio/ https://topallenatori.com/le-abilita-motorie-nel-calcio/#respond Mon, 07 Sep 2015 21:06:23 +0000 http://www.topallenatori.it/?p=369

Si sprecano testi e dispense sulla descrizioni delle “abilità motorie” ma qualsiasi metodo che tenda a classificarle non può prescindere da quella che ne costituisce un concetto basilare in cui si sostiene che le abilità motorie non permettono altro che un individuo sia abile nel compiere un’azione con la massima sicurezza ed il minimo dispendio di energia.

 

L’ essere abili “costringe” all’intercorrelazione e il reciproco sviluppo di più fattori. L’evidenza dello sviluppo di tali capacità fa si che il soggetto coinvolto acquisisca sicurezza delle proprie capacità, ottimizzi la sua resa energetica e a volte riduca il tempo di movimento.  In una frase sola “diventa più efficace a livello motorio”.

 

Questo significa ridurre o, come si dice nel gergo da campo, “pulire” da movimenti non voluti e non necessari alla prestazione.

 

Esaminiamo ora altri due concetti basilari legati all’abilità:

 

–          la prestazione motoria, definibile come quell’azione volontaria influenzata da fattori quali la motivazione, la fatica e la condizione fisica;

 

–          l’apprendimento motorio quel processo senso-motorio che sta alla base delle capacità di un individuo di eseguire un’azione motoria.

 

Il livello di apprendimento motorio migliora con l’esercizio. In tutti i casi (sportivi e non), l’inizio dell’apprendimento è caratterizzato dal tentativo, dell’esecutore, di farsi un’idea del movimento attraverso la risoluzione di un gran numero di problemi che coinvolgono la sfera dei processi cognitivi e verbali.
Quando ci si accinge ad apprendere un compito motorio, si attinge a quel “bagaglio” che racchiude la propria capacità motoria in modo che attraverso una continua connessione mente-corpo e a furia di provare e riprovare, il grado di perfezione gestuale migliorerà notevolmente evidenziando, attraverso l’affinamento dell’esecuzione stessa, l’avvenuto apprendimento neuro-motorio. Nell’esame e nella valutazione delle prestazioni motorie dobbiamo OBBLIGATORIAMENTE sempre tener conto delle differenze individuali nelle capacità stabili e durature.

 

Per “capacità STABILI E DURATURE” si intendono quei tratti che, nella maggior parte dei casi, sono geneticamente determinati, che sottendono l’esecuzione di abilità individuali (questa visione sta subendo delle modifiche attraverso le acquisizioni scientifiche ad opera dell’ Epigenetica). Queste capacità sono molto numerose e spaziano dall’acuità visiva, alla bipodalità, alle caratteristiche strettamente somatiche. Tutti gli individui possiedono lo stesso insieme di capacità ma differiscono per il grado di sviluppo di ognuna di esse.

 

E’ qui che nasce la differenza oggettiva tra le capacità, precedentemente definite, e le abilità intendendo con queste ultime la capacità di realizzare una prestazione che abbia un fine, con il minimo dispendio di tempo ed energia. Le abilità si sviluppano con l’esercizio, le capacità restano pressoché immutate. Le capacità, in ultima analisi, possono essere considerate come ”l’equipaggiamento” di serie con il quale ogni individuo viene al mondo.

 

Ovviamente disporre fisiologicamente di buone capacità ma non allenarle, non affinarle con l’esercizio, non porterà mai ad essere particolarmente abili. Quindi il livello di abilità raggiungibile da un individuo é direttamente proporzionale alle sue capacità, da ciò si deduce come queste ultime da sole non servono assolutamente ad incrementarle quanto a far si che si evidenzino al massimo livello soggettivo.

 

Per compiere un’azione motoria con successo, oltre alle sovradescritte qualità, è opportuno, inevitabilmente, sviluppare altre caratteristiche spesso anche riconducibili alla sfera propriamente intellettiva-analitica. Una buona analisi del compito, l’identificazione delle diverse componenti, la stima delle capacità che sottendono la prestazione, sono elementi determinanti nella realizzazione dell’obiettivo che ci si è prefissati.

 

Quanto esposto brevemente rappresenta solo un’analisi prettamente semantica delle abilità motorie. L’obiettivo è far si che lo studio ortodosso della classificazione di tali aspetti dell’umano possa essere affiancato, durante il lavoro su campo, da un’idea più prettamente pratica e reale dell’argomento trattato in modo che la si possa, con la dovuta attenzione,  “cucire” sulle prestazioni dei nostri piccoli atleti.

Autore

De Martino Christian (Scienze Motorie, M.F.T., I.S.S.A.)

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PREVENZIONE: LE ANDATURE DI CORSA NEL CALCIO https://topallenatori.com/prevenzione-le-andature-di-corsa-nel-calcio/ https://topallenatori.com/prevenzione-le-andature-di-corsa-nel-calcio/#respond Mon, 07 Sep 2015 20:52:53 +0000 http://www.topallenatori.it/?p=363 PREVENZIONE

LE ANDATURE DI CORSA NEL CALCIO

Tante volte ci si dimentica che l’esercizio fisico è mezzo, per quanto curato esso sia, lesivo per il nostro apparato locomotore (ossa e muscoli) e quindi certe esercitazioni che ci sembrano troppo blande per essere inserite in un programma di allenamento vengono erroneamente tralasciate. Una delle pratiche che il calcio dovrebbe curare maggiormente è lo sviluppo muscolare tramite le andature di corsa/stretching dinamico…in una’era dove il calcio richiede più capacità fisico-atletiche il “correre bene” diventa fondamentale. Dall’atletica leggera possiamo “rubare” alcuni accorgimenti, trucchi e consigli da applicare al calcio.
Il calcio, di per se, è un gioco dove l’attenzione alla palla che portiamo tra i piedi crea un naturale inarcamento della colonna vertebrale(solo pochi fuoriclasse al mondo giocano a testa  alta) e un successivo abbassamento del baricentro corporeo con conseguente varismo delle  ginocchia( le ginocchia se ne scappano all’infuori). Lavorare sulle andature di corsa, a volte più  utile di tante ripetute , risulta infatti essere propedeutico e/o correttivo di questi  disagi. I benefici che questa pratica procura sono:
miglioramento della visualità periferica( il soggetto è costretto a guardare in avanti)
sincronizzazione arti inferiori e arti superiori( gesti come lo stacco di testa o il calcio lo
dimostrano)
è una buona ginnastica propriocettiva per le articolazioni più vicine al terreno e quindi più
caricate(caviglie e ginocchia)
sviluppano in modo armonico i muscoli degli arti inferiori( senza sbilanciamenti tra scomparti muscolari anteriori e posteriori)

sono degli esercizi per mandare subito in temperatura la muscolatura(utili nel pre-partita)
sono un mezzo per l’allenamento della rapidità (eseguite per lo spazio di 10-15 metri)
sono un mezzo per l’allenamento della resistenza alla velocità (eseguite per lo spazio di 50-60 metri)

calciatacorsa saltelato

sono propedeutici a uno dei mali più rognosi del calciatore (la pubalgia)
Di seguito riporto una ventina di esercizi utili per il gioco del calcio:
1- skip a ginocchia alte
2- skip a ginocchia basse
3- skip a ginocchia larghe
4- skip all’indietro
5- skip laterale (ginocchia alte o basse)
6- mezzo skip
7- mezzo skip alternato
8-mezzo skip alternato laterale
9- calciata dietro
10- calciata dietro esterna
11- calciata sotto con ginocchia in avanti
12- calciata avanti gambe tese
13- passo saltellato
14- doppio appoggio
15- rullata
16- rullata con stacco
17- rullata incrociata
18- rullata incrociata con stacco
19- corsa trottata
20- galoppo laterale con combinazione braccia
21- passo incrociato con mani sui fianchi
22- passo incrociato con braccia in fuori

Ecco quindi per tutti coloro che giocano a pallone, sia a livello professionistico e agonistico, sia per coloro che si cimentano a livello amatoriale nel gioco del calcio, la serie di differenti andature da sperimentare.

Autore: 

Fonte: www.topallenatori.it

 

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